Le carni di selvaggina: il profilo del consumatore italiano e le strategie per valorizzare un’eccellenza del territorio nazionale

I piatti a base di selvaggina cacciata fanno parte della nostra tradizione culinaria, eppure non tutti i consumatori ne apprezzano le peculiarità poiché convinti che si tratti di pietanze dal sapore deciso, oppure perché avversi ad alimenti frutto dell’attività venatoria. Preconcetti che trovano conferma nei due studi condotti da un team di ricercatori delle Università degli Studi di Milano, di Padova, della Michigan State University e dallo Studio AlpVet i quali, partendo dai punti “deboli” del prodotto, delineano le strategie per valorizzare delle carni dalle caratteristiche sensoriali, ambientali e nutrizionali pressoché uniche.
Le due ricerche, prime per approfondimento in Italia, e forse nel mondo, nascono dal progetto pluriennale Filiera Eco-Alimentare (finanziato da Fondazione Cariplo e coordinato dall’Associazione Ars.Uni.VCO) e hanno dato vita agli articoli Consumer preferences for red deer meat: A discrete choice analysis considering attitudes towards wild game meat and hunting e Discovering market segments for hunted wild game meat pubblicati su Meat Science, la prestigiosa rivista dedicata alle scienze dei prodotti di origine animale.

L’attenta osservazione dei dati, estrapolati da circa 2.000 questionari diffusi su scala nazionale, ha permesso ai ricercatori (in ordine alfabetico; Vincenzina CAPUTO, Eugenio DEMARTINI, Anna GAVIGLIO, Maria Elena MARESCOTTI, Tiziano TEMPESTA, Daniel VECCHIATO e Roberto VIGANÒ) di definire il consumatore di carne di selvaggina e, allo stesso tempo, di approfondire le opinioni sulla caccia, sul prodotto, le preferenze sulle ricette e gli atteggiamenti tra chi ama queste carni e chi, al contrario, non le consuma, né mai le consumerebbe.

Il primo lavoro aveva due scopi: da un lato indagare sia le scelte che gli atteggiamenti dei consumatori verso il consumo di carne di selvaggina e verso l’attività venatoria, in quanto estremamente correlati; dall’altro scoprire se esistesse una nicchia di fruitori disposti a spendere di più per assaporare crudités di carne cacciata, fornendo così indicazioni di marketing a coloro che sono direttamente coinvolti nella suddetta filiera.

Demartini et al_MeatScience

Dalla ricerca è emerso che il consumatore ha maggiore fiducia nel prodotto finito (carne di selvaggina) che nel suo produttore (il cacciatore), dubitando sull’effettiva correttezza di quest’ultimo nel rispetto delle regole e nell’effettivo ruolo di produttore di alimenti. Un dato interessante che dovrebbe far riflettere tutto il mondo venatorio, visto che la maggior parte dei rispondenti si è dichiarato favorevole alla caccia come strumento per la gestione del territorio. L’altro aspetto rilevante è che lo studio ha identificato una nicchia di consumatori disposti a spendere di più al ristorante per gustare la carne di cervo piuttosto che il manzo, a condizione che sia proposto in maniera innovativa (ad esempio come cruditè), piuttosto che come spezzatino. In poche parole, nonostante le preparazioni più raffinate non siano così diffuse, una persona su cinque sarebbe disposta a pagare un prezzo più elevato per provare nuove ricette a base di selvaggina. Un’opportunità che i ristoratori dovrebbero cogliere appieno così da essere i primi nel loro territorio a servire un piatto locale, genuino e tradizionale come il cervo, ma in chiave moderna.

Il secondo studio, invece, si è posto l’obiettivo di delineare il potenziale consumatore italiano di carne di selvaggina così da fornire dati esaustivi necessari allo sviluppo di strategie di mercato strutturate.

Marescotti et al_MeatScience

I parametri che sono stati oggetto di studio per l’individuazione di gruppi distinti di potenziali acquirenti comprendevano tutti i fattori che possono avere un impatto sul comportamento di acquisto. Tra questi sono stati considerati gli atteggiamenti nei confronti della carne di selvaggina, la percezione riguardo alla sua sicurezza, l’opinione personale nei confronti di alcune tematiche chiave per il consumo di carne selvatica quali il benessere animale, l’attività venatoria e l’importanza della fauna selvatica, la conoscenza dell’argomento e, da ultimo, le caratteristiche socio-demografiche. Complessivamente gli oltre 1000 intervistati hanno evidenziato una conoscenza fortemente limitata della tematica. Dall’analisi delle interviste, sono stati identificati tre gruppi di consumatori ben distinti: i consumatori pro-animali, preoccupati per il benessere degli animali e contrari alla caccia, i consumatori di carne di selvaggina, fortemente a favore dell’attività venatoria, e i consumatori disorientati, posizionati a metà tra i primi due, i quali hanno mostrato attitudini discordanti (positive verso il consumo di carne di selvaggina, ma negative verso la caccia). Questo ultimo gruppo, comprendente il 56% del campione intervistato, si è rivelato essere il più numeroso e quindi più interessante per future strategie di marketing volte ad aumentare i consumi. Tali strategie senza dubbio devono puntare alla comunicazione di quelle che sono le caratteristiche nutrizionali, sensoriali ed ambientali della carne di selvaggina, nonché del ruolo della caccia nella gestione della sovrappopolazione degli ungulati selvatici. Solo attraverso adeguate campagne informative d’istruzione e informazione il consumatore finale si renderà conto del potenziale inespresso di questa carne, la più sostenibile e naturale per definizione.

BIBLIOGRAFIA

Consumer preferences for red deer meat: A discrete choice analysis considering attitudes towards wild game meat and hunting. Meat science, 146, 168-179, (2018). Demartini, E.; Vecchiato, D.; Tempesta, T.; Gaviglio, A.; Viganò, R.

Discovering market segments for hunted wild game meat. Meat science, 149, 163-176, (2019). Marescotti, M. E.; Caputo, V.; Demartini, E.; Gaviglio, A.

 

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