È stato recentemente pubblicato sulla rivista Pest Management Science un interessante lavoro dal titolo “Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe” a cura di diversi autori provenienti da quasi tutti gli stati europei.
I ricercatori hanno dimostrato come negli ultimi decenni in tutta Europa la popolazione di cinghiale sia cresciuta in termini esponenziali, nonostante la forte pressione venatoria esercitata e le diverse metodiche di caccia messe in atto.
I motivi di questa crescita esponenziale sono da ricercare in fattori biologici, legati all’elevato tasso riproduttivo della specie, al basso tasso numerico di predatori specializzati, al rimboschimento di territori, a inverni miti, ma anche a fattori di origine antropica, come ad esempio l’alimentazione supplementare, la re-introduzione (illegale) della specie a scopi venatori nonché la stessa attività venatoria.
La mortalità naturale, infatti, data da fattori climatici, patologie e predatori (in particolar modo Lupo), incide maggiormente sulle classi giovanili, mantenendo una struttura della popolazione più stabile, ed una minor dispersione di soggetti nel territorio. Per contro, l’attività venatoria, agisce principalmente sulle classi adulte, innescando delle risposte compensative nella popolazione di cinghiale. Ne consegue quindi una destrutturazione della popolazione che comporta un maggior tasso riproduttivo, una riproduzione precoce nelle femmine, ed un maggior tasso di dispersione dei soggetti giovani (quelli che contribuiscono maggiormente a creare danni alle attività agricole). È emerso infatti nella pubblicazione che il tasso di accrescimento medio della popolazione di cinghiali in Europa a partire dai primi anni ’80 è quasi sempre stato superiore a 1, con picchi fino a 1.46. Tale aspetto è implicabile soprattutto alla precocità riproduttiva delle femmine giovani, che in una popolazione destrutturata possono essere fertili anche ad età inferiori all’anno.
Gli autori concludono che se da un lato si è assistito ad una crescita del numero di cinghiali a fronte di una diminuzione del numero di cacciatori, tuttavia, l’attività venatoria non ha assolutamente impedito la crescita delle popolazioni di cinghiali, e tale situazione contribuirà negli anni a venire a generare ulteriori situazioni di conflitto tra uomo e fauna selvatica. Ciò potrebbe portare ad una specializzazione dell’attività venatoria, sostituendo la caccia tradizionale ricreativa con una forma di “professional hunting” volta a migliorare l’efficacia del prelievo ed il rispetto della struttura di popolazione, al fine di garantire l’effettivo contenimento della popolazione.
Questa pubblicazione conferma quello che accade oggigiorno nella realtà italiana, ed in particolare quella alpina, in cui la popolazione di cinghiale attuale deriva quasi esclusivamente da immissioni, spesso illegali (nella cartina a lato si vede ad esempio come nel nord-Italia, nel 1987, fossero presenti popolazioni e nuclei isolati di cinghiali).
A fronte della comparsa della specie in un determinato territorio, la soluzione più veloce messa in atto dalle pubbliche amministrazioni per ridurre l’impatto e i conflitti con le attività agricole, è quasi sempre stata quella di aprirne la caccia, spesso consentendo anche metodiche che arrecano grave disturbo alla selvaggina stanziale e che contribuiscono ad aumentare il tasso di dispersione di questa specie. La braccata con i cani rappresenta di fatto l’esempio emblematico di come una gestione estremamente semplicistica, e spesso attuata a fronte di pressioni politiche, si sia dimostrata di fatto la soluzione peggiore nella gestione del “problema cinghiale”. Siamo assolutamente consci che tale affermazione ci tirerà dietro ire e critiche di molti amici cacciatori, ma quello che sosteniamo è supportato non solo dalle evidenze del lavoro sopra citato, ma anche dalla situazione attuale che vede il cinghiale in continua espansione sul territorio alpino, a fronte anche di immissioni illegali, ben documentate da un lavoro del 2008 svolto in Regione Piemonte con la Camera di Commercio di Torino e l’Università di Sassari, che hanno evidenziato a livello genetico come la popolazione di cinghiale nelle aree di nuova colonizzazione non sia frutto di migrazioni naturali ma di immissioni ad esclusivo scopo venatorio.
Il Cacciatore (con la C maiuscola), ovvero colui che si adopera nella gestione faunistico-venatoria, per essere tale e per riuscire ad avere nel contesto sociale attuale un vero ruolo di gestore dell’ambiente e della fauna selvatica, deve essere in grado di fare autocritica e di imparare dagli errori commessi, per garantire l’effettiva gestione delle specie, dell’ambiente e dei conflitti uomo-fauna selvatica. Noi da sempre cerchiamo di comunicare con questo mondo di Cacciatori: quello composto da persone che vogliono crescere culturalmente ed eticamente, quello che non si chiude a riccio di fronte a critiche oggettive e circostanziate, quello che si adopera nel miglioramento della gestione.
In effetti stiamo cacciando in modo disordinato, Io risiedo a Lograto Bs ma qui non caccio poichè assegnano tot capi da abbattere poi tutti a casa(In seguito chiamano selecontrollori e guardie per gli abbattimenti ) in un’altra squadra sono in duecento e non si conoscono ne tra di loro ne si sa quando si inizia ne quando si finisce.A Piacenza (Lugagnano ) era tutto perfetto finchè non hanno iniziato a dare i permessi per la caccia anche in braccata. Adesso sono a Parma, va tutto bene ma ci sono un sacco di lupi. In sintesi voglio dire che non abbiamo una guida sicura e che sappia regolare la caccia su tutto il territorio nazionale con intelligenza e conoscenza dei problemi ambientali. Cosa ne pensate della caccia al cinghiale di selezione in tutto il territorio nazionale ? Per la caccia di selezione sono dannosi i limiti di confine degli ATC ? Grazie.
tutto vero ma è un fatto che le concentrazioni maggiori di soggetti e la maggior contattabilità della specie, con problemi annessi (vedi aggressioni a persone come quella mortale del Parco delle Madonìe del mese scorso) si registrano nelle aree a divieto di caccia
Sara’pur vero che in qualche caso siano stati immessi cinghiali in territori dove non non andava bene,ma cerchiamo di fare un po di chiarezza : 1) chi stabilisce le aperture e le chiusure della stagione venatoria ..? 2 ) chi ne limita il numero dei capi da abbattere ? 3) chi vieta entrare nelle riserve naturali nei parchi e in tutte le aree protette anche con il solo ausilio dei cani per far si che questi animali ormai vengano movimentati ed espulsi ? 4)dimenticavo la soluzione migliore per risolvere tutti i problemi e incrementare il lupo risultati scadenti,e di tutti gli altri ungulati che in alcuni territori stanno invadendo cervi daini caprioli con danni gia’ notevoli nessuno ne parla! Gia’perche’in questo caso non credo si possa attribuire nessuna colpa ai cacciatori.
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Purtroppo il problema nasce nel momento in cui la caccia diventa business, ovvero la carne viene messa a disposizione dei controllori per garantire anche ad essi un guadagno. Ciò porta irrimediabilmente ad un circolo vizioso in cui si ammazza il più possibile senza criterio,senza etica e senza rispetto verso gli altri residenti e cittadini comuni, in un paese densamente popolato come il nostro questa è una bomba ad orologeria.
Se invece i selettori fossero su base volontaria e senza “stipendio”, gli animali non venissero uccisi in modo indiscriminato per classi di età e di sesso, garantendo invece un sano equilibrio ed invecchiamento delle popolazioni ed una loro stabilità nei territori, ed i proventi della vendita andassero unicamente a finanziare parchi o regioni per garantire loro l’acquisto di metodi di prevenzione efficaci da distribuire sul territorio così come x indennizzare in maniera equa gli agricoltori, questo a mio avviso sarebbe il giusto approccio ecologico 2.0.
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